Trato Marzo

Con trato marzo si intende l’entrata, l’ingresso nel mese di marzo. E’ un’antichissima tradizione trentina che si collega a usanze precristiane. Si tratta infatti delle feste matronali in onore della dea Giunone che gli antichi romani celebravano alle calende (ovvero appunto all’inizio) di marzo.


La festa pagana intendeva esaltare la rinascita stagionale della natura, e con essa il risveglio amoroso negli esseri umani; non mancavano quindi richiami all’eros e alla fecondità.
Per questo motivo, e anche per le componenti burlesche e sarcastiche, in epoca cristiana l’usanza fu malvista dai vescovi; più recentemente venne osteggiata dal governo austriaco.
L’essenza erotica della tradizione è comunque giunta fino a oggi, sotto forma di un rito di fidanzamento.

La festa si consuma in tre serate: le ultime due di Febbraio e la prima di marzo; si svolge sull’altura delle masere, a est del paese. I giovani salgono sul monte e vi accendono un falò. Quindi proclamano le coppie di nubili e celibi di ogni età, con uno scambio di battute rituali pronunciate ad alta voce in una sorta di megafono, in modo che tutti in paese ne abbiano notizia; alcune delle coppie così proclamate possono anche essere inventate a scopo di burla. Ai presenti si offre vino caldo aromatizzato, polenta e salsiccia.
L’ultima sera si svelano i nomi delle vere coppie di fidanzati. Dall’altura vengono fatti rotolare ciocchi di legno, e dal loro percorso si traggono auspici sulle unioni amorose. Il lancio di legni dalle cime è un rito di antichissima origine preromana, già in uso presso i celti. E’ ancora presente in alcune località alpine. A Forni Avoltri (UD), il 19 marzo, da un piccolo monte, i giovani coscritti fanno rotolare lis cidulis, ruote in legno di faggio infuocate; ogni lancio è dedicato a una ragazza. Usanze analoghe al trato marzo di Pinzolo si svolgono ancora a Daone, a grumes (TN), a Spiazzo (TN)

In passato  l’evento si svolgeva tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo per una durata di tre giorni. Ogni serata si differenziava per la tipologia degli accoppiamenti: durante la prima serata venivano create delle coppie buffe, inverosimili e paradossali: la più bella ragazza veniva invitata a sposare un vecchio, oppure un’anziana signora era accoppiata con un giovane scapolo. La seconda serata era dedicata ai vedovi, mentre la terza alle coppie reali prossime al matrimonio: una sorta di ufficializzazione del legame d’amore nei confronti della comunità.

Attualmente, il “Trato Marzo” si svolge in sola serata, ma lo schema rituale è rimasto il medesimo. Durante il rito, si alternano coppie stravaganti e coppie reali, presentate agli abitanti attraverso uno scambio di battute dialettali. Le strofe vengono pronunciate utilizzando un megafono, affinché possano essere udite a grande distanza:

Trato marzo su questa terra,
per maritare una giovine bèla!
Chi éla o chi nu éla?
L’è la… (nome della ragazza)! Ca l’è la pü bela.
A chi l’ente mai da dare?
Al… (nome del ragazzo), ca l’è da maritare!
Tötala, tötala, tötala!

Si prosegue in questo modo fino a quando tutti i nubili e celibi hanno trovato compagno o compagna. Successivamente, vengono intonati canti tradizionali accompagnati dalla fisarmonica, mentre si gusta un bicchiere di vin brulè e la strinadina, un piatto tradizionale.

Nel 1889, Albino Zenatti scrisse:

«La sera del primo di marzo, chi percorresse la strada che da Verona mena a Rovereto e a Trento vedrebbe dai poggi che sovrastano i paeselli delle due rive dell’Adige, innalzarsi grandi fiammate ad illuminar di una luce fantastica le vecchie torri degli Scaligeri e dei Castelbarco, e udrebbe grida e canti e spari risvegliar gli echi del Monte Baldo.»

Una visione suggestiva e fiabesca quella raccontata dal filologo, che testimonia come l’evento a fine Ottocento fosse ancora diffuso, malgrado i divieti. Infatti, a causa della sua dimensione ironico-sarcastica, è stato fortemente perseguitato e proibito dal Principe Vescovo di Trento nel XVII secolo e dalla rappresentanza asburgica sul territorio nel 1846. Nonostante ciò, in alcuni paesi la tradizione è continuata, giungendo fino ai giorni nostri, sebbene la sua valenza si sia modificata nel corso degli anni: non si tratta più di un rito propiziatorio legato alla fecondità, ma un momento folkloristico che unisce tutta la comunità

Autore: Mandragora

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