Capo risoluto di tutti i boschi,
per stare vicino a te, per imparare siamo venuti a te.
Insegnaci come governare, noi stessi, non gli altri,
Ma abbi cura di loro, nutrili, come amanti.
Prendici sotto le tue ali protettive,
Ispiraci, dacci la tua benedizione! Il nostro cuore canterà:
“Dovunque noi siamo, lascia che lo spirito sia Re,
Lascia che lo Spirito sia Re.”
Chiediamo venia per avervi martoriato vecchie querce,
con il cuore carico di dolori piangete i vostri fratelli
e le vostre sorelle del grande bosco bello.
Noi sappiamo, Noi crediamo, Noi sentiamo, Noi vediamo
la vostra forza.
MYRDDN mezzo elfo
Le querce sono tra le piante più longeve e simboleggiano la presenza del tempo e della lunga memoria degli alberi. Le querce più vecchie sono riverite come antiche dee che risiedono sulla terra. Nel toccare il cielo con i suoi rami e l’Altroregno con le sue radici, la quercia unisce le forze della vita e della morte. Morta d’inverno e di nuovo viva in primavera, riflette il trascorrere ineluttabile della vita. Simboli del legame del Mondo di Mezzo con le forze della terra sotterranea e del cielo, i boschi di querce secolari ispirano la celebrazione della continuità della vita.
Come gran parte degli altri alberi, le querce sono fortemente associate alle dee. La quercia era sacra a tutti gli dei del cielo: Zeus, Thor, e il celtico Taranis, ma anche alle divinità della terra, il cui aspetto nutritivo dava cibo a tantissimi animali sacri, ma soprattutto ai maiali, animali sacri a dee madri, come Ceridwen. Il nome celtico della quercia è legato ai concetti di ‘albero’ e ‘porta’, e il Cad Goddau afferma che “essa si muove velocemente,davanti a lei tremano terra e cielo, sempre in guardia contro il nemico, il suo nome è noto in tutto il mondo”. Le querce rappresentano l’incessante trascorrere della vita dalla nascita alla morte alla rinascita. Sono legate all’ Altroregno mediante le radici che affondano nella profondità della terra dove risiedono gli gnomi. Con i loro rami protesi verso il cielo, sono collegate con gli spiriti del mondo celeste, in particolar modo con Taranis, il Dio del Tuono e del Fulmine. Più antica è la quercia, più incantata, sacra e spirituale è considerata.
Le querce sono particolarmente sacre ai druidi. Un bosco naturale di antiche querce attrae gli spiriti del mondo celeste e dell’Altroregno nel Mondo di Mezzo, dove risiedono uomini e animali. Nei tempi antichi, i Celti celebravano i loro riti all’aperto nei boschi di querce, sia in Europa sia in Asia Minore. Persino i Romani ne erano intimiditi, perché convinti che quei boschi fossero oscuri e misteriosi. Tuttora presenti e vitali tra noi uomini nel Mondo di Mezzo, le querce secolari del nostro tempo ci invitano sul loro terreno sacro perché possiamo metterci in contatto con gli spiriti di entrambi i mondi e celebrare la continuità della vita attraverso i secoli.
La lunga vita delle querce è simbolo della presenza del tempo e della lunga memoria degli alberi, che si rinnova nei secoli. Le querce e il loro prezioso potere ci attraggono, e ci ricordano con l’ondeggiare lento dei loro rami che la vita è conoscenza. Nell’ “Inno ad Afrodite” Omero così descrive con tocchi di altissima poesia la sacralità delle piante:
“Quando le Ninfe nascono, sulla terra ferace nascono con loro querce dagli alti rami o abeti, belli e fiorenti sopra le cime dei monti. Svettano altissimi, e sono chiamati templi degli immortali: nessun uomo li recide col ferro. Ma quando si avvicina il momento della morte prima i begli alberi inaridiscono sopra la terra, la loro corteccia si dissecca e i rami cadono, e subito dopo l’anima delle Ninfe lascia la luce del sole” da “Inni omerici” “Inno ad Afrodite”
L ‘unica prova della venerazione delle querce arriva dalla Gallia: Plinio riporta una cerimonia in cui un vischio sacro dai poteri curativi veniva tagliato da una quercia. Nell’arpa irlandese di Brian Boru, la quercia rappresenta l’aspetto creativo maschile. La quercia è la porta che mette in comunicazione i due mondi.
Eroi come Robin Hood erano “senza motivo” identificati con quest’albero, e ancora quasi tutti i paesi europei sono invariabilmente orgogliosi della propria quercia. Non c’é da meravigliarsi, poiché l’ economia europea sin dal Medioevo si basava sulla ricchezza prodotta dal legno, ed in particolare da quello della quercia. Solo con le colonizzazioni lo sfruttamento fu esportato in altri paesi
La Quercia di Merlino esiste ancora (ne è rimasto il ceppo) nella sua città natale, Carmarthen, nel Galles. Molti inoltre credono che la Tavola Rotonda di Re Artù fosse stata ricavata da un unico pezzo di quercia.
Lo Spirito della quercia ci porta nel mondo, non nella fase di nascita, ma in quella della massima forza. E quanta energia ha dato agli uomini: legno per le flotte di navi da carico e da guerra, per case, barili, tavoli, porte, fuoco per lavorare il metallo, corteccia per la concia.
La quercia ha un reale legame ritmico con il dinamico e veloce pianeta Marte, come pure un ‘associazione con il Marte astrologico, che rappresenta l’energia creativa maschile. In passato Marte non era solamente il dio della guerra, come la maggior parte della gente oggi pensa: “il Marte celtico aveva soprattutto un ruolo di protezione, di guardiano, ed era frequentemente associato ai culti di guarigione dell’Europa Centrale”.
La quercia nelle fonti celtiche a volte è chiamata l’ albero del guerriero, ma in realtà è l’ albero di tutti coloro che le si avvicinano, pronti a ricevere un po’ del suo potere.
Mentre molti altri alberi emanano qualità più raffinate, ‘specializzate’, la quercia porta energia Vitale allo stato grezzo, e ispirazione. Poiché è neutrale, può essere impiegata per la guerra o per la pace, e allo stesso modo per curare o per dare coraggio.
Stando seduti come piccoli insetti ai piedi di Zeus, ci si potrebbe chiedere cosa si potrebbe restituire a un essere così formidabile. Ma nessun albero è più grande del vero sé dell’essere umano, e questo è esattamente ciò che la quercia ci insegna, facendoci entrare in contatto con la nostra fonte interiore, da cui provengono la nostra forza e la nostra identità. La nostra gioia di entrare in contatto con la parte più profonda di noi stessi, è anche la gioia del deva della quercia.
“Svettano altissimi, e sono chiamati templi degli immortali:
nessun uomo li recide col ferro” (Omero)
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