…l’acqua é il mio corpo, il vento la mia voce…
Una strana sensazione di riverenza mista a timore mi ha sempre bloccato nello scrivere una pagina dedicata a questo essere infinito. Che vive nel vento e nell’acqua, nelle rocce e negli alberi…..Merlino…
In qualche modo so che lui farà sentire la sua approvazione… quando nel silenzio del bosco ascolterò le sue parole nel vento. L’intento di questa pagina è solo di trasmettere il fascino e le tante sensazioni che questo uomo, druido, ha sempre avuto su di me.
Sarei felice se anche a voi arrivasse un po’ di quello che sento. Sarei felice se, per un solo attimo, verrete trascinati nel vortice che conduce alla grotta a strapiombo sul mare dove vive il mago, l’essere luminoso come le stelle che rinascerà quando il mondo avrà ancora bisogno di lui…
Le leggende medievali d’impronta cristiana che parlano di Merlino, definito “il mago”, riportano di una sua probabile origine demoniaca; secondo questi scritti, egli era addirittura ritenuto figlio del diavolo. Dalla stessa voce del bardo e druido, tuttavia, è giunta a noi un’affermazione che smentisce in modo evidente i falsificatori della sua biografia. Il testo (si tratta della seconda strofa di una poesia) è contenuto nel Black Book of Carmarthen, una raccolta di canti dei bardi gallesi e altre poesie, le cui parti più antiche risalgono al V e VI secolo e sono state raccolte in questo compendio nell’ Alto Medioevo. La poesia in questione è da sempre attribuita a Merlino nella tradizione cimrica; la seconda strofa del componimento recita quanto segue:Da quando bevvi il vino dal calice biancocon gli impavidi comandanti della guerra,il mio nome è Myrddin, il figlio di Morvryn.
Myrddin: così era chiamato il profeta dalle persone che parlavano l’idioma britonico della lingua celtica e da coloro che lo conoscevano personalmente. Successivamente, nel passaggio alla lingua inglese, quando le saghe che narravano di lui, di Artù e di Camelot divennero un bene comune in tutta la Britannia e nel continente, il suo nome cambiò e fu adottata la forma oggi generalmente nota di Merlino. Nella sua terra d’origine, al contrario, è stata (ampiamente) mantenuta la pronuncia originaria e ciò è rivelato anche dalla denominazione gallese della località dove si svolse l’episodio narrato nella poesia. Merlino, infatti, bevve il vino nella fortezza di Bryn Myrddin (la collina di Merlino), ai margini della piccola città di Carmarthen, nel Galles meridionale, detta anche Caer Fyrddin (città di Fyrddyn, vale adire Myrddin), come è dimostrato dai cartelli stradali bilingui che s’incontrano nella zona.
La lingua celtica, che si è conservata sino a oggi nell’Europa occidentale, si divide in due idiomi: il britonico, che era parlato in Galles, Cornovaglia e Bretagna, e il gaelico, parlato in Irlanda, Scozia e sull’Isola di Man.
Verso la metà del V secolo, quando erano ormai nati gli ultimi druidi, il regno di Dyfed, situato nel territorio sud-occidentale di Cymru era stato colonizzato dal popolo della Demezia e, sulle alture presso l’ odierna Carmarthen, si ergeva una piazzaforte celtica ove si trovava la residenza del principe, da cui questi regnava sul paese. Secondo la tradizione popolare gallese, Merlino è nato qui e la stessa tradizione narrativa riferisce che sua madre era una figlia del Rhi o re della Demezia. Egli stesso afferma chiaramente che suo padre si chiamava Morvryn e descrive, inoltre, una scena che in realtà sarebbe potuta avvenire solamente in un salone reale celtico. Merlino racconta di aver bevuto vino da un bicchiere bianco, in compagnia di comandanti dell’esercito e di aver ricevuto in quell’occasione il proprio nome.
Senza dubbio egli fa riferimento a una cerimonia con cui un fanciullo lasciava l’infanzia per compiere il primo passo nel mondo degli adulti, una cerimonia in cui avveniva l’imposizione del nome, come abbiamo appreso da altre fonti celtiche. Questo rituale si è svolto, nel caso di Merlino, nell’ambito di un ceto sociale molto elevato. Una dimostrazione di ciò sono proprio gli ospiti che hanno partecipato alla celebrazione, come membri della famiglia o come amici della stessa; anche la coppa e il vino bevuto indicano questa elevata posizione sociale.
Gli uomini con cui l’adolescente Merlino ha bevuto, erano guerrieri altolocati, che, in base all’uso linguistico celtico, devono essere intesi come nobili. In armonia con questo status sociale è anche il vino (importato dalla Gallia o dalla Spagna), che a quei tempi in Britannia era appannaggio esclusivo dei benestanti. Il bicchiere bianco che costituiva il recipiente per il rituale, infine, possedeva nel V secolo un valore equivalente a quello dell’oro puro.
Il testo, tuttavia, non contiene altre informazioni sul nipote del Rhi della Demezia; di conseguenza non si trova alcun riferimento all’ età di Merlino quando prese parte alla cerimonia con i nobili del suo popolo, in occasione della quale questi annunciarono per la prima volta pubblicamente il nome che egli avrebbe dovuto portare sino alla fine dei propri giorni.
Grazie alla moderna celtologia è possibile fornire una risposta attendibile a questa domanda. Nella numerologia celtica si ha, infatti, un determinato numero che indica un periodo molto importante, un ciclo a completamento del quale la vita entra in una nuova fase spirituale. Questo ciclo comprende tre volte il tre, quindi dura esattamente nove anni e potenzia il numero sacro Tre, che è associato alle tre forme assunte dalla Grande Dea (giovane donna, madre e vecchia saggia). Al compimento dei nove anni, tutti i bambini celti concludono la loro prima fase della vita e ciò è accaduto ovviamente anche a Merlino. Con ogni probabilità egli ha ricevuto proprio a quell’ età il nome che avrebbe definitivamente portato, un nome che d’altra parte indicava un determinato aspetto del carattere, più pronunciato degli altri; il ragazzo, infatti, doveva a quell’ epoca aver già sviluppato tutti i tratti principali della sua personalità. Come avveniva presso molte popolazioni indiane, di cui conosciamo bene le usanze, anche per i Celti era pratica comune quella di mettere in risalto gli aspetti caratteriali di un adolescente nell’assegnazione del nome.
Un giovane Sioux considerato allegro e vivace, per esempio, poteva essere chiamato “Ragazzo-che-ride-con-i-coyote”; se traduciamo Myrddin dal britonico in italiano, scopriremo che questo nome è nato da un procedimento molto simile. Myrddin significa, infatti, “risa” o “colui che ride”: il giovane Merlino, all’età di nove anni, doveva essere quindi un ragazzo molto allegro, in grado d’infondere voglia di vivere, buon umore e una positiva disposizione d’animo nelle persone che lo circondavano. Volendo, si può forse riconoscere proprio in tali aspetti quell’umanità che più tardi avrebbe contraddistinto in modo straordinario l’uomo adulto; occorre in questo caso liberarsi dell’immagine falsata di Merlino quale “ambiguo incantatore”… che per evidenti motivi è stata attribuita al druido pagano durante il Medioevo cristiano.
Torniamo ora al giovane che per la festa del suo nono compleanno bevve il vino con i suoi parenti reali e con altri nobili del popolo della Demezia.
Merlino avrà certo apprezzato il giorno della sua festa, ma è probabile che, segretamente, provasse una sorta di angoscia al pensiero che l’imposizione del nome ponesse fine alla sua infanzia e che ora lo aspettassero nuove e più difficili sfide. Tali sfide erano costituite dalla formazione per diventare druido, che per Merlino iniziò probabilmente molto presto, subito dopo la cerimonia della sala reale; in questo modo, il ragazzo di soli nove anni si avviava su un percorso di apprendimento decisamente unico nella storia europea, orientato verso lo sviluppo di abilità intuitive e allo stesso tempo verso lo studio delle scienze naturali.
Come riferiscono le fonti della tradizione celtica insulare, ma anche molti autori mediterranei dell’antichità, potevano passare anche vent’anni prima che un allievo druido, o, con assoluta parità di diritti, un’allieva druidessa, avesse raggiunto lo status di Grande Sapiente, sebbene vi fossero certamente anche allievi molto dotati che giungevano alla meta in un tempo sensibilmente più breve. Dopo aver superato tutti gli esami, la persona interessata si trovava in possesso di un’altissima e completa saggezza e, in base al talento individuale, si era ormai delineato chiaramente il particolare indirizzo della sua futura attività druidica.
I druidi potevano essere filosofi naturalisti, metafisici, bardi o profeti, ma potevano anche agire in qualità di medici, insegnanti o giudici, e alcuni di loro ci sono noti come sovrani o consiglieri di principi; talvolta, infine, potevano occupare un rango persino superiore a quello delle figure citate. Egli utilizzava la sua saggezza non solo come precursore e guida spirituale di Artù, ma anche come profeta, metafisico, filosofo e bardo, nonché, dopo la caduta di Camelot, come Rhi (re) di Demezia. Prima di poter esercitare liberamente queste funzioni, dovette anch’egli completare la lunga formazione druidica e la domanda che dobbiamo porci a questo punto è dove e in quale modo questo avvenne.
Dalle annotazioni irlandesi, ma anche dalle reminiscenze storiche dei piccoli gruppi di Celti esistenti ancora oggi, abbiamo appreso che la scuola dei druidi di Mona (Anglesey), distrutta dai legionari romani nell’anno 61 della nostra era, era stata riavviata; un’altra scuola era presente sull’isola di Manx (Man) e una terza doveva essere esistita nel V secolo su Ynys Enlli (Bardsey) di fronte alla penisola di Lleyn, a sud di Anglesey. Alcune druidesse, infine, vivevano e insegnavano sulla Ynys Avallach o Avalon (oggi Glastonbury). Merlino può aver ricevuto la sua istruzione in una qualsiasi di queste isole. Molte testimonianze sono a favore di Mona, perché i boschi dei druidi di quest’isola avevano avuto un tempo una straordinaria importanza in tutta l’Europa nord-occidentale, prima che i Grandi Sapienti fossero massacrati a centinaia dai Romani. Fu soprattutto da quest’isola che fu organizzata la resistenza ideologica e militare contro lo spirito maligno del Drago Bianco che stava invadendo la Britannia. Erano stati i druidi di “Mòn, Mam Cymru” (Mona, la madre del Galles), in particolare, a sostenere con tutte le proprie forze l’ultima regina celtica Budicca nella sua lotta per la libertà, minacciando ancora una volta seriamente, intorno alla metà del I secolo dopo la venuta di Cristo, il dominio dei Romani in Britannia. Dopo la ritirata dei Romani, proprio l’isola di Mona fu teatro di una rinascita dello spirito battagliero all’insegna del Drago Rosso (odierno stemma del Galles), perché qui sopravviveva la sua tradizione e sempre qui si potevano ancora rintracciare le radici dell’ antichissima arte. Dopo la liberazione della Britannia, fu nuovamente possibile attingere a queste fonti, di conseguenza è molto probabile che il giovane Merlino fosse stato posto sotto la tutela dei druidi di questa scuola.
Ci sono chiare allusioni, inoltre, all’influenza esercitata sulla formazione del futuro maestro di umanità da una seconda componente, che riunisce in se l’impeto guerriero d’impronta maschile rappresentato da Mona e lo spirito conciliante d’impronta femminile rappresentato da Avalon. Merlino, infatti, non si occupò soltanto di fornire impulso e sostegno alla lotta armata per la libertà combattuta da Artù (che, per così dire, impugnò ancora una volta la spada di Budicca), ma donò inoltre alla civiltà celtica una visione costruttiva per il futuro che avrebbe potuto assicurare ai popoli della terra nel terzo millennio una convivenza finalmente priva di violenze e una pace duratura. È probabile che Merlino fosse entrato all’età di nove anni nella scuola dei druidi di “Mòn, Mam Cymru”, per poi passare successiva mente a quella di Ynys Avallach, dove concluse i suoi studi. Questa premessa ci permette anche di spiegare perchè fosse stata costruita una fortezza sulle alture di Camelot, proprio nelle immediate vicinanze del tempio custodito dalle druidesse di Avalon. La fortezza fu costruita qui per rappresentare le due componenti della battaglia futura in favore dello spirito del Drago Rosso, quella bellicosa e quella conciliante, come fossero lo yin e lo yang impegnati l’uno a fianco dell’altro nello stesso conflitto. Prima che Merlino riuscisse a completare la sua scuola di saggezza druidica, tuttavia, dovette affrontare un percorso molto lungo da studente. Abbiamo già accennato al fatto che gli studi di un aspirante druido potessero anche abbracciare una ventina d’anni, prima che lo studente potesse lasciare il bosco dei druidi con la qualifica di filosofo naturalista, metafisico, bardo, profeta, astronomo, medico, insegnante, giudice o consigliere dei principi.
La maggior parte degli allievi druidi si accontentava saggiamente di uno solo di questi indirizzi di formazione, cosa che non può suscitare stupore, se si considerano i requisiti straordinariamente elevati di ciascuno di essi.
Gli archeologi hanno per esempio dimostrato che un medico celtico di duemilacinquecento anni fa era in grado di effettuare con successo delle trapanazioni del cranio, e ciò senza le attrezzature messe a disposizione dalla moderna chirurgia. Chi aveva superato “soltanto” un esame druidico poteva a buon diritto essere annoverato fra i membri di un’ elite e poteva occupare, grazie alle sue eccellenti conoscenze e capacità, il livello sociale più alto all’interno della società celtica. Considerando le facoltà di questi druidi, ancor più sorprendente risulta l’attività intellettuale e spirituale svolta da Merlino.
Come la sua vita successivamente ha dimostrato, infatti, egli non ha agito soltanto in qualità di profeta, poeta, filosofo e metafisico, ma anche in qualità di politico e di guida spirituale di Artù, nonché, nella sua vecchiaia, come re egli stesso, vale adire Rhi della Demezia. Considerando la sua formazione, ciò significa che egli aveva imboccato cinque delle vie che si aprivano ai druidi e che, quindi, aveva sviluppato una sorprendente energia mentale che era cinque volte superiore a quella dei druidi “tradizionali”. In altre parole, il percorso a cinque indirizzi intrapreso da Merlino poteva essere completato soltanto da un genio. Questo membro dell’alta aristocrazia della Demezia era un esempio di quei rari e straordinari esseri umani che s’incontrano soltanto a distanza di secoli nella storia dell’umanità, ma che sono in grado di cambiare radicalmente il mondo, ammesso che sia accolto e accettato ciò che essi hanno da offrire.
Siddharta, il figlio del priricipe indiano che successivamente sarebbe diventato Buddha e fondatore della più grande scuola di saggezza dell’Asia, compì il primo passo sulla via dell’illuminazione abbandonando i suoi abiti sfarzo si e regalando i suoi gioielli, per cercare l’armonia con la natura come semplice “creatura”. Si può immaginare un percorso simile anche per Merlino, allorché entrò nella scuola druidica sulla sperduta isola di Mona; anche il suo compito era innanzi tutto quello di riconoscere le forme visibili e tangibili della vita nella terra, nelle piante, negli animali, nel mare e nelle nuvole, così come s’intrecciano nell’ordito della creazione. Nella prosecuzione dei suoi studi comprese poi come questo intreccio terreno sia intimamente e indissolubilmente intessuto anche con lo spirito della divinità. Egli riconobbe gradualmente la grandezza contenuta in ciò che è piccolo e presente nel quotidiano e prese coscienza del fatto che tutto, dal ciottolo sulla spiaggia fino agli esseri umani e perfino all’infinito cosmico, costituiva un unico organismo.
«Le nuvole e il mare, la terra e le rocce, gli alberi, gli animali e gli esseri umani, il sole e le galassie si trasformano perennemente», avrebbe potuto affermare uno dei maestri di Merlino. Forse egli avrebbe concesso qualche istante di riflessione al suo allievo, mentre camminavano insieme in un boschetto o sedevano presso un sacro menhir, per poi aggiungere: «Questo respiro del Tutto, che al tempo stesso è parte del Divino senza confini, determina il ciclo eterno della vita. Chi comprende ciò, sa anche che nel cosmo non vi è inizio ne fine, bensì solamente ciò che non è divisibile. Questo racchiude in se, nella stessa misura e nello stesso istante, tutte le possibilità del passato, del presente e del futuro».
«Passato, presente e futuro possono essere riconosciuti come unità, nella misura in cui siano superati i confini dell’ esistenza visibile e sia compiuto un passo verso il mondo che sta oltre» Queste parole avrebbero potuto costituire un altro teorema oggetto di apprendimento dell’allievo druido. Su di esso poggiava la consapevolezza dei Grandi Sapienti, secondo cui in quel mondo che sta oltre, definito anche quarta dimensione, lo scorrere del tempo non ubbidisce più alle leggi della tridimensionalità e un iniziato che riesca a penetrare il velo che lo cela ai nostri occhi potrebbe estendere il proprio sguardo verso ciò che deve ancora venire, verso il futuro. «Questa è l’arte di un profeta o vate», avrebbe spiegato il druido, che in questa materia ricopriva il ruolo di mentore per Merlino; seguendo tali preziosi insegnamenti, il figlio del principe di Dyfed avrebbe presto concluso un apprendistato che lo avrebbe a sua volta qualificato, almeno in materia di precognizione, come maestro.
Come scrive Goffredo di Monmouth, il biografo medievale di Merlino, che riferì anche della sua profezia dei draghi, il profeta più famoso della Britannia doveva possedere una predisposizione alla chiaroveggenza ereditata dal padre. Morvryn era, infatti, a sua volta noto come vate (profeta) e probabilmente Merlino fu introdotto già da lui alla scienza della precognizione, prima che la sua famiglia lo mandasse a “Mòn, Mam Cymru”.
Proprio partendo da questa sorta di iniziazione deve essersi sviluppata la leggenda secondo la quale Merlino doveva essere un “figlio del diavolo”; i maldisposti interpreti cristiani, nella loro ingenuità, avevano interpretato le facoltà paranormali di Morvryn semplicemente come sataniche e avevano concluso che anche suo figlio dovesse avere un legame con il Diavolo o dovesse addirittura essere stato concepito da questo. I druidi che si presero cura del talentuoso ragazzo seppero interpretare meglio la natura delle sue doti. Essi svilupparono sino alla perfezione il talento del giovane e una dimostrazione di ciò può essere considerata la straordinaria profezia di Dinas Emrys .
In questo luogo storico Merlino pronunciò la sua profezia dei draghi, che nel frattempo si è avverata in più punti, caratterizzando fortemente la cruciale battaglia che l’Europa deve ancora combattere fino in fondo, prima di poter assistere a una rinascita della celticità.
Goffredo di Monmouth, altri autori medievali che attinsero dalle fonti celtiche e le voci della tradizione popolare gallese spiegano, in totale accordo con quanto sopra riferito, che Merlino era un “giovanotto” quando, dopo la scoperta dello stagno sotterraneo cadde in trance, ebbe le sue visioni della battaglia dei due draghi e infine, predisse all’usurpatore Vortigern la sua morte imminente. Dal momento che gli ultimi anni di vita del despota possono essere datati con una certa precisione, con l’episodio di Dinas Emrys siamo in possesso di una chiave temporale che ci consentirà di determinare le date della vita di Merlino e di conseguenza anche di Artù.
Vortigern fu deposto dalla carica di sommo re nell’anno 460, oppose una blanda resistenza contro il suo successore Emrys ancora per qualche anno e pose mano alla costruzione della torre fra le selvagge montagne di Snowdonia intorno a1 463, prima di perdere la vita, di lì a poco, nella fortezza di Genoreu nel Sud del Galles. Se Merlino, quando conobbe l’usurpatore presso Dinas Emrys, era considerato, in base all’uso linguistico medievale, un “giovanotto”, vale adire un ragazzo di 13 o 14 anni, dobbiamo concludere che egli nacque all’incirca nell’anno 450. Egli avrebbe quindi lasciato la corte della Demezia intorno al 459, per intraprendere i suoi studi presso la scuola druidica, presumibilmente sull’isola di Mona, e, dopo essere diventato in breve tempo, grazie al suo innato talento, un vate, fornì nell’ anno 463 quella famosa prova delle sue capacità di profeta sulla rocca voluta da Vortigern, la cui costruzione non era ancora stata portata a termine.
Raggiunta l’età adulta, Merlino esercitò le sue capacità precognitive, fornendo delle profezie che nei loro contenuti e nel loro sorprendente valore espressivo si pongono sullo stesso piano delle Centurie pronunciate dal veggente francese Michel de Notredame (1503-1566). Nostradamus, tuttavia, raggiunse l’apice delle sue facoltà di profeta soltanto una volta compiuti i cinquant’anni, quando fu uomo maturo e dopo una lotta spirituale che si protrasse per un ‘intera generazione, mentre Merlino aveva appena superato l’infanzia. Ciò costituiva soltanto una prova della genialità del giovane celta; un’ulteriore prova l’avrebbe presto fornita egli stesso, quando, pochi anni dopo la sua apparizione a Dinas Emrys, diede il proprio decisivo contributo alla realizzazione della sua profezia riguardante la venuta del “cinghiale della Cornovaglia” che avrebbe liberato la Britannia dai suoi oppressori.
Si tratta di un fatto che avvenne sulla romantica costa settentrionale della Cornovaglia, dove nella seconda metà del v secolo sorgeva una florida piazzaforte celtica e dove si trovava un’ importante residenza dell’ alta nobiltà. Oggi questo luogo porta il nome di Tintagel e qui, nell’ambito di un singolare rito pagano, fu concepito il figlio della regina di Cornovaglia Ygerna e dell’ Ard Rhi che regnava in Galles, Uther Pendragon; quel figlio sarebbe entrato nella storia e nella mitologia d’Occidente con il nome di Artù.
Ma questa è una altra storia!
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