Nell’antica Grecia erano chiamate Nereidi. Esiodo ne contava ben cinquanta e Omero cita Apseude nell’Odissea. I popoli germanici le definirono con nome di “Ondine” e dissero che erano figlie del Dio del mare Aegie e di Ran sua moglie e sorella. Erano comunque invariabilmente rappresentate come splendide fanciulle spesso del tutto nude a cavallo di animali fantastici o tritoni.
Il loro compito era quello di preservare le navi dai naufragi e di salvare le vite in pericolo dei marinai. Tuttavia le ondine, appartenendo all’ elemento acqua nel senso più lato, non sono soltanto le eteriche abitatrici degli abissi marini, ma anche dei fiumi, dei laghi, delle cascate e degli specchi d’acqua in genere. Essendo associate dalla tradizione esoterica all’ Ovest, il loro momento evocativo è l’autunno e più precisamente l’equinozio.
La cerimonia da apprestare è quella tipica dell’ elemento in questione e come al solito va rafforzata dall’orazione alle Ondine. Si tratta in questo caso di un singolare viaggio nelle profondità del proprio essere, dato che la connotazione tipica di questa esperienza magica è anzitutto l’esplorazione degli abissi dell’anima con la conseguente liberazione dell’ energia repressa. La translucida forma delle Ondine le fa apparire, ai sensi umani allenati a questa visione, di una bellezza entusiasmante, viva e mobilissima.
Grande è la loro capacità di assorbimento e di smaltimento delle energie circostanti di cui si nutrono e costituiscono. Un processo questo che esalta le doti di magnetismo e che le rende udibili mentre aumentando il ritmo frenetico del loro movimento, liberano un canto lamentoso e struggente.
I colori delle auree vanno dal bianco perla, al rosa, al violetto chiaro, ma quando sono troppo numerose, le une accanto alle altre, non è facile distinguerne il preciso cromatismo. Anche l’ alta velocità con cui si spostano non consente di metterle bene a fuoco, soprattutto allorché con voli d’uccello sfiorano le acque dei laghi lasciandosi confondere con i comuni esseri naturali che popolano l’ ambiente.
Figlie di Oceano dal grande cuore, che avete le case sotto i recessi della terra posati sull’acqua, correte nascoste, nutrici di Bacco, ctonie, date grande gioia, nutrite frutti, siete nei prati, correte sinuosamente, sante, vi rallegrate degli antri, gioite delle grotte, vaganti nell’aria,
siete nelle sorgenti, veloci, vestite di rugiada, dall’orma leggera,
visibili, invisibili, ricche di fiori, siete nelle valli,
con Pan saltate sui monti, gridate evoé,
scorrete dalle rocce, melodiose, ronzanti, errate sulle montagne,
fanciulle agresti, delle sorgenti e che vivete nei boschi,
vergini odorose, vestite di bianco, profumate alle brezze,
proteggete i capri e i pastori, care alle selve, dagli splendidi frutti,
che vi rallegrate delle sorgenti, delicate, che molto nutrite e favorite la crescita, fanciulle Amadriadi, amanti del gioco, dagli umidi sentieri, di Nisa, invasate, guaritrici, vi allietate della primavera, con Bacco e Deo portate grazia ai mortali: venite con animo lieto ai santi sacrifici
versando corrente salubre nelle stagioni che accrescono il nutrimento!
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